Monday, August 31, 2009

Crisi Marxiane

Sulle cause della crisi, come giustamente osservato più volte nei vari interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, a parte Rubini e/o qualche altro economista illuminato, nessun addetto ai lavori aveva previsto il crollo epocale di borsa che precede(va) la crisi economica attualmente in corso.

In effetti, volendo ragionare in termini classici ovvero assumendo che in una economia capitalista il mercato sia un meccanismo che si aggiusta da solo (e in qualche maniera ciò è pur vero, almeno finchè non si rompe del tutto) è anche vero che essa va incontro a crisi cicliche che la teoria marxista analizzava(va) forse con maggiore rigore e verosimiglianza.

Spiegandolo in maniera un po’ rozza, Marx affermava che il tarlo che erode le economie capitalistiche è il tasso decrescente del profitto, causa sistematica dell’insorgere di situazioni di sovrapproduzione combinate a mancanza di potere di acquisto, in uno scenario di capitalismo soccombente sotto il peso di un “big one” finanziario, ovvero la spallata definitiva al sistema sotto forma di collasso irreversibile dei mercati.

La crisi in corso, che fortunatamente sembra ad oggi rientrata da pericolo imminente, ha avuto le caratteristiche dell’Apocalisse economica descritta da Marx nei giorni in cui, alla fine di settembre, il capitalismo ha rischiato l’estinzione; di seguito, in estrema sintesi, un tentativo di descrivere tale successione di eventi.

Il 26 settembre 2008, malgrado la sua iniziale opposizione di principio, il Governo Bush decide di intervenire con una proposta economica, il piano Paulson, che comprende, tra l’altro, un intervento per il salvataggio delle banche in crisi attraverso l’acquisto di quelli che saranno poi chiamati in linguaggio corrente << asset tossici >>, titoli derivati di svariata natura e di difficile valutazione oltrechè, e soprattutto, ad altissimo rischio d’insolvenza.

Il 29 settembre, mentre la tempesta finanziaria imperversa, il Senato americano rigetta il piano con 228 voti contro 205 cosicchè il panico si impradonisce di Wall Street che cede 777 punti.

Lo shock di borsa crea un congelamento generale del credito che causa a sua volta una profonda crisi di liquidità di ampiezza planetaria.

L’impennata dei tassi sulle piazze orientali è brutale, la banche europee sono costrette a chiedere prestiti per 15,5 mld alla BCE, ma la crisi si amplifica il giorno 30 settembre poichè, mentre le banche detengono gelosamente la loro liquidità, gli hedge fund fanno la loro parte vendendo titoli bancari e peggiorando così la situazione che, al finale, si abbatte sui finanziamenti a breve delle imprese che precipitano nella insidiossisima trappola di crisi di tesoreria.

La valanga sembra inarrestabile, colossi del credito come AIG vengono praticamente statalizzati per evitare l’effetto domino del fallimento di Lehman brs, mentre Paulson propone un nuovo piano ovvero la creazione di un Trouble Asset Relief Program (TARP) che rifinanzierà, attraverso diverse modalità, le banche per molti miliardi di dollari. Il venerdi 3 ottobre, sebbeme titubante, il Senato vota a favore del piano, ma la situazione non sembra migliorare, soprattuto per le imprese che, prive della liquidità corrente di cassa, vedono materializzarsi lo spretto della crisi del 1929; infatti, per la prima volta da quella data, il sistema finanziario non è più sotto controllo.

Lunedì 6 Ottobre, pressata del panico mondiale dei mercati, la Camera dei Rappresentanti approva il Piano Paulson a larga maggioranza, il 7 ottobre il FMI stima le perdite planetaire a 1,4 T ( T=unità di conto uguale a 1.000 mld di dollari), l’8 ottobre G. Brown annucia il suo piano per la nazionalizzazione di molte banche della GB, il giorno 11 l’Eurogruppo, su iniziativa francese, decide di adottare il modello Inglese per il salvataggio del sistema creditizio.

Il giorno 27 Ottobre, grazie all’azione combinata delle svariate iniezioni di liquidità fornita in maniera più disparata i mercati sembrano tranquillizzarsi ma, alla elezione del Presidente Obama, i problemi sono ancora tutti sul tavolo con i CDS in particolare e gli altri asset tossici in generale ancora nelle pance delle banche.

Il neopresidente proporrà, attraverso il piano Geithner, una iniezione di 787 mld di dollari, questo per << farla finita con il circolo vizioso della crisi >>, piano che tirerà definitivamente il sistema creditizio dal pericolo di un collasso irreversabile lasciando però sul terreno 60 T di ricchezza nominale volatilizzata mentre il deficit di bilancio americano arriverà al 12% e il debito totale USA al livello di 54 T.

Marx forse direbbe che il “big one” è solamente rimandato.

[Via http://nafop.wordpress.com]

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